Il quartiere sta cambiando e negli ultimi due anni ha avuto un accelerazione formidabile. Non c’è via che non abbia un cantiere e spesso si tratta di progetti monumentali. Solo in Via Bramante si stanno realizzando due parchi (nel lato finale, verso il Cimitero Monumentale); si sta costruendo una cittadella del design (quella che ospiterà il Museo del Compasso d’Oro, che aprirà nel 2020); e si stanno ristrutturando completamente due palazzi con annessi cortili e strutture interne: il civico 5 (ex Casa delle Canossiane) con progetto nientemeno che dell’archistar Michele De Lucchi, e il civico 13, proprietà del Policlinico, che è in procinto di fare lo stesso con altri 6 palazzi in zona. Quella che fino a pochi anni fa era semplicemente la Chinatown milanese, oggi è un po’ quartiere del food etnico (bistrot, street food, ristoranti) e un po’ quartiere dell’arte e del design (se Finarte ha spostato gli headquarters qui ci sarà un motivo).

Eppure la cosiddetta gentrification non porta con sé solamente opportunità, ma anche disagi se non addirittura veri e propri drammi. Un articolo molto dettagliato uscito sull’Internazionale descrive le disavventure di molti abitanti storici nel quartiere, che rischiano di dover emigrare in altre parti della città, più periferiche, perché i loro contratti di affitto, stipulati in tempi più clementi, sono scaduti e le proprietà non sono più intenzionate a rinnovarli alle stesse condizioni.